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NOVITÀ SULLA TERAPIA DEL PARKINSON E GENETICA

ATTI DEL CONVEGNO DI APRILE SULLA MALATTIA DI PARKINSON 2018

Il convegno dell'11 aprile 2018 ha visto avvicendarsi diversi professionisti e politici sul tema della cronicità nella Regione Riemonte, nello specifico per quanto riguarda la Malattia di Parkinson. Il programma ha previsto una prima parte sul "futuro delle malattie croniche, risorse e provvedimenti organizzativi"; a seguire gli aggiornamenti rispetto al ruolo della genetica nella M. di Parkinson e alle nuove terapie in arrivo,
a cura del Dott. Stefano Goldwurm e del Professor L. Lopiano del centro Esperto malattia di Parkinson - Molinette.

Piano cronicità e Parkinson - Tavola rotonda

Il Convegno si apre con la presentazione da parte del Presidente dell’Associazione Amici Parkinsoniani Piemonte e coordinatore dell’Associazione italiana Parkinsoniani – Sezione “G.Cavallari di Torino”, dr Ubaldo Pilotto, che introduce  gli obiettivi principali del congresso: 
 
  •  Fare informazione per malati di Parkinson, famiglie e caregiver sulle tematiche che attualmente suscitano maggiore interesse (genetica, nuovi filoni di ricerca, nuove terapie..)
  •  Contribuire come Associazione all’implementazione di piani operativi sulla gestione della cronicità e alla necessità di mettere il malato al centro di tale processo riorganizzativo
  •  Promuovere un’interazione diretta ed empatica tra medici, malati e caregiver
  •  Dare visibilità all’associazione.
 
L’intervento del coordinatore si chiude con un ringraziamento rivolto all’ex presidente Pier Giorgio Gili, a cui l’Associazione deve molto.
 
Assessore Antonio Saitta: a conferma dell’impegno regionale sulla tematica della cronicità, l’Assessore annuncia l’approvazione da parte della Giunta del piano nazionale della cronicità; si tratta di un atto rilevante, poiché da qui si pongono le basi per la rimodulazione della struttura sanitaria in funzione di una domanda nuova che è in crescita. La proposta del piano cronicità prevede il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, secondo un meccanismo che ha definito “comunità di pratica” con l’istituzione di luoghi in cui a tutti i soggetti interessati alla cronicità viene affidato il compito di trattarla nella maniera più opportuna.
Un’altra novità considerevole è quella del rinnovo del contratto nazionale dei medici di famiglia, che ha una serie di implicazioni, tra cui la disponibilità di nuove risorse in funzione degli obiettivi del nuovo piano della cronicità e della partecipazione concreta dei medici di famiglia al piano di lavoro.
 
Avvocato Gian Paolo Zanetta, Direttore Generale della Città della Salute e della Scienza di Torino: sottolinea come il Parkinson, seconda patologia neurodegenerativa più comune, richieda un impegno particolare da parte di tutto il sistema socio-sanitario, motivo per cui negli ultimi anni è stata punto d’interesse focale per la Città della Salute di Torino che proprio in tale logica ha costituito, presso il Dipartimento di Neuroscienze, il Centro Regionale Parkinson. Da Febbraio, infatti, si sono registrati migliaia di passaggi (circa 3.000) in attività ambulatoriale, di Day Hospital e di Degenza Ordinaria di malati affetti da Parkinson. L’obiettivo che si intende perseguire è quello di integrazione tra le varie discipline interessate al trattamento della patologia: percorsi inquadrati in un disegno continuo e razionale di terapia ed intervento.
Per questo è di vitale importanza una buona integrazione tra ospedale e territorio: un tempo la logica li vedeva separati e il dialogo tra le due parti era considerato secondario.  Il piano della cronicità ha l’obiettivo opposto, mira all’integrazione delle due parti e la Città della Salute mira al dialogo con il territorio.
 
Dott. Vincenzo Villari: è strettamente necessario elaborare un nuovo piano di cronicità ed eliminare la frammentazione attualmente presente nel sistema. Lavorare in una struttura frammentata implica dispersione di risorse e perdita del paziente stesso. Si rende necessario costruire un’unica grande trama.
Il compito del Dott. Villari all’interno del progetto è di tipo logistico, quindi di definizione del percorso, per ottenere pratiche che siano a dimensione di paziente e accessibili.
 
Don Fini: muove il tema cronicità sulla dimensione del sostegno alla persona, del supporto e dell’importanza dell’integrazione all’interno della collettività di malati e famiglie; la comunità cristiana non deve essere solo spettatrice ma farsi carico delle persone che si trovano in uno stato di bisogno. La Sanità si fa carico sempre più delle vite delle persone.
 
Ing. Domenico Pierucci - Vice Presidente AAPP, Volontario AIP Torino: in uno scenario in cui ad oggi il 50% delle risorse è dedicato alle cronicità (percentuale che prevedibilmente salirà al 75% con l’aumento dell’invecchiamento della popolazione) si rende imprescindibile un cambiamento del modello assistenziale nella direzione di portare e diffondere sul territorio l’assistenza medica e infermieristica mediante assistenza domiciliare, presidi ambulatoriali e quindi limitazione dei ricoveri ospedalieri alle necessità di cure specialistiche per le eventuali comorbilità. Come Associazione vediamo importante la strategia del piano delle cronicità in Piemonte con l’obiettivo di coinvolgere le famiglie, aiutare gli ammalati cronici a continuare a vivere nel loro ambiente familiare e territoriale, con un piano di assistenza individuale gestito dalle strutture assistenziali locali. In questo modo sarà possibile ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili, che ci auguriamo maggiori, ma pur sempre limitate, a fronte della crescita dei fabbisogni.

Silvano Chiartano, Presidente della sezione del Canavese: inerente alla tematica di necessità di presa in carico del malato nella dimensione di cronicità, parla del progetto “Torniamo a Sorridere”. Nato nel Canavese e rivolto a malati che ormai sono socialmente isolati e che hanno smesso di chiedere supporto ed aiuto. Questo progettopromuove corsi di attività fisica adattata, logopedia, riabilitazione cognitiva  e molto altro. Chiartano conclude con una domanda a cui si auspica di poter rispondere di sì: possiamo affermare di aver posto il malato al centro della nostra attività di volontari?

Dott. Zamperone, Responsabile della sezione di Biella: PDTA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) e  multidisciplinarità sono parole d’ordine o acquisite nel linguaggio corrente o ci si può attendere una ricaduta organizzativa concreta? (Ad esempio l’afa, le associazioni in questo senso si fanno carico di queste attività). La Sanità e i servizi sociali, si parlano? Sottolinea nuovamente l’importanza del medico di famiglia: ruolo fondamentale che ha la possibilità di fare da collante  per combattere l’isolamento e l’invisibilità di chi vive la malattia.
 
L’Assessore accompagna la tavola rotonda verso la conclusione: il piano della cronicità nazionale è un buon piano che deve essere attuato e declinato a livello Regionale. In Piemonte si è compiuta una scelta diversa rispetto ad altre regioni: la presa in carico del paziente deve avvenire da parte del sistema pubblico. In primis dal medico di famiglia, in secondo luogo e a seconda della complessità dallo specialista. Il tema principale della cronicità è quello dell’accordo tra ospedale e territorio. Noi abbiamo le eccellenze, professionisti qualificati, ma rimane fondamentale stabilire come questo patrimonio vada diffuso e legato al territorio. In secondo luogo è altrettanto importante definire il collegamento tra territorio e servizi sociali, indispensabili laddove vi sia una fragilità. 
La tavola rotonda è conclusa e si lascia la parola agli specialisti.

Genetica e Malattia di Parkinson - Dott. STEFANO Goldwurm

Il Dottor Stefano Goldwurm – Genetista medico esperto in Parkinson- affronta la tematica della genetica nella malattia di Parkinson. Non si conosce tutt’ora l’eziologia precisa della malattia; si sa tuttavia che si tratta di una malattia multifattoriale, in cui fattori genetici e ambientali portano allo sviluppo della patologia. In alcuni casi la componente ambientale è maggiore, in altri quella genetica ha una rilevanza superiore. 
La componente genetica può essere dovuta a singoli geni, che danno un forte contributo, oppure alla combinazione di molti geni, che contribuiscono ciascuno in piccola misura, rendendo pertanto difficile identificarli tutti. 
Lo studio genetico della malattia è importante al fine di comprendere lo sviluppo molecolare della malattia e individuare nuovi farmaci in grado di bloccare i meccanismi coinvolti nella patologia e ostacolarne la progressione.
Inoltre rende possibile in alcuni casi identificare soggetti predisposti allo sviluppo della malattia di Parkinson. 
 
Sappiamo, ad esempio, che alcuni dei geni implicati sono quelli coinvolti nel buon funzionamento del lisosoma, organello all’interno della cellula adibito all’eliminazione delle proteine (alfasinucleina) che dovrebbero essere distrutte.
 

La malattia di Parkinson è ereditaria?

Il Dott. Goldwurm risponde inoltre ad una domanda piuttosto comune sul Parkinson: l’ereditarietà.  L’ereditarietà è bassa; se nella popolazione normale il rischio di sviluppare la malattia si aggira attorno all’1%, i parenti di primo grado delle persone affette da Parkinson hanno un rischio che arriva al 3%. Può essere diverso in alcune situazioni in cui sono coinvolti particolari geni che hanno una forte influenza sull’eziologia e fanno salire la probabilità di sviluppo della malattia tra il 10% e il 20%; anche in questo caso non si raggiungono i livelli di una malattia propriamente ereditaria.
Attualmente presso il Centro Parkinson dell’Ospedale Molinette l’obiettivo è quello di fare counselling genetico: informare le persone e fare analisi nelle famiglie in cui vi sono mutazioni geniche; attualmente vengono analizzati 8 geni coinvolti nella malattia, individuabili in soggetti con esordio giovanile (prima dei 40 - 45 anni) o nei malati con parenti affetti.
 

 Nuove terapie nella malattia di Parkinson - Prof. LEONardo lopiano

Il Prof. Lopiano illustra in una sintetica carrellata le nuove e promettenti terapie in arrivo o in fase di sperimentazione.  
 
Tra i farmaci principali vi sono:
  •  L’opicapone, un inibitore COMT; prolunga  e ottimizza l’effetto della Levadopa. Arriverà a Settembre in Italia; viene somministrato una sola volta alla sera, non ha epatotossicità ed è meglio tollerato (no disturbi gastro-intestinali) 
  • Nuove formulazioni  di Levodopa che implicano una riduzione di compresse giornaliere, un effetto migliore, assorbimento più facile e indipendente dalla dieta (proteine); un esempio è la “pillola a fisarmonica”, che si apre a strati nello stomaco liberando il farmaco lentamente con un assorbimento più regolare.
 
Per quanto concerne le terapie non orali:
 
  •  Nuove tecnologie che prevedono l’assorbimento sottocutaneo della Levodopa; due tipi di dispositivi: uno utilizza un ago posizionato nel tessuto sottocutaneo, l’altro utilizza una particolare nanotecnologia che consente l’assorbimento transdermico della levodopa. Questo tipo di assunzione dovrebbe evitare i picchi plasmatici del farmaco migliorando le fluttuazioni motorie e i movimenti involontari
  •  Terapie inalatorie con levodopa che consente un assorbimento molto rapido del farmaco, utile per gli “Off” improvvisi, come intervento in acuto.
 
Alcuni farmaci utili nelle fasi più avanzate della malattia :
  • Amantadina a rilascio prolungato, migliora movimenti involontari
  • Droxidopa, indicata nell’ipotensione ortostatica
  • Istradefellina, farmaco che migliora i blocchi motori
  • Donepezil, per il decadimento cognitivo, le cadute e i disturbi del cammino
L’immunoterapia infine è forse la più promettente tra le novità in fase di sperimentazione. Possiamo distinguere due tipi di farmaci in questa categoria: un vero e proprio vaccino, che prevede la somministrazione di peptidi immunogenici derivata dall’alfa-sinucleina in modo da stimolare la risposta immunitaria (immunizzazione attiva); l’immunizzazione passiva consiste invece nella somministrazione di anticorpi specifici per l’alfa-sinucleina alla quale si legano impedendo che precipiti nelle cellule, danneggiandole. Queste terapie sono rilevanti poiché potrebbero rallentare la progressione della malattia (terapia neuro protettiva).
Il Prof. Lopiano chiarisce infine alcuni dubbi riguardo una terapia che suscita particolare interesse: la FUS (focused ultrasounds). Si tratta di ultrasuoni focalizzati su un’area del cervello. Viene precisato che, nonostante non vi sia anestesia e non venga aperta la scatola cranica, si tratta comunque di un intervento neurochirurgico a tutti gli effetti, che crea una lesione cerebrale nel nucleo responsabile del tremore. Come tutti gli interventi di lesione si può effettuare su un lato solo, a causa dell’eccessivo rischio che provocherebbe una lesione bilaterale. Trova inoltre indicazione principale per il tremore, soprattutto nel tremore essenziale. Alcuni studi indicano che vi sia un effetto inferiore rispetto a quello che si ottiene con la DBS.
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