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Riconoscere le emozioni

A cura delle dott.sse Silvia Balla e Roberta Grasso, psicologhe psicoterapeute.

QUANDO “LE BATTERIE SONO SCARICHE”

Il caregiver è sottoposto ad un elevato grado di stress psicofisico, accentuato dal coinvolgimento emotivo con la persona assistita. In letteratura, lo “stress” è definito come “una transazione tra la persona e l’ambiente nella quale la situazione è valutata come eccedente le proprie risorse e tale da mettere in pericolo il proprio benessere”(Lazarus e Folkman, 1984); tradotto, per un familiare “essere stressato” significa sperimentare la sensazione che le richieste nei propri confronti siano eccessive e sentirsi inadeguato nel rispondervi.

In quelle situazioni in cui le richieste quotidiane appaiono superiori alla propria disponibilità di tempo e alle forze psico-fìsiche del caregiver, si parla di“burn-out(dal verbo inglese “to burn out” che letteralmente significa estinguersi, consumarsi). Tale esaurimento di energie originato da uno stress cronico colpisce le persone che si occupano di assistenza a vario titolo e può avere molteplici manifestazioni:

-       fisiche (ad esempio fatica, spossatezza, frequenti mal di testa, disturbi gastrointestinali, insonnia, cambiamenti nelle abitudini alimentari e mancanza diconcentrazione)

-       emotive (come senso di colpa, alterazione dell’umore, scarsa fiducia in sé, angoscia, irritabilità, scarsa empatia e capacità di ascolto, insensibilità o ipersensibilità emotiva, tristezza, noia, imbarazzo, solitudine o depressione)

-       relazionali (tendenza all’isolamento, apatia).

Questo stato di forte stress si ripercuote negativamente sulla qualità della vita del caregiver.

LA SALUTE FISICA

Numerose possono essere le implicazioni del carico assistenziale sulla salute fisica del caregiver. Il rischio maggiore è che chi svolge questo compito venga “schiacciato” dalle responsabilità e dal carico di lavoro, sviluppando a poco a poco un grado di sofferenza che può diventare malattia. Talvolta il caregiver, senza rendersi conto, entra in una fase di “esaurimento” che compromette la capacità di svolgere il proprio compito

con il malato ed impedisce di continuare a ricoprire il proprio ruolo nella società.

In considerazione dello stretto legame che unisce la mente ed il corpo, la tensione del caregiver finisce quindi per manifestarsi anche sul piano fisico, arrivando a provocare problemi gastrici, mal di testa, dolori dovuti magari anche alle manovre pesanti che attuano, e tutta una serie di disfunzioni immunitarie e problematiche che spesso derivano anche dal non avere tempo e risorse per poter curare se stessi.

Inoltre, il caregiver affaticato emotivamente è in condizione di maggiore vulnerabilità per cui è più a rischio di ammalarsi.

LO STATO EMOTIVO

Il carico assistenziale incide anche sull’umore del caregiver: quando la tensione diventa costante può provocare problemi come depressione, perdita di appetito, ansia, insonnia, rabbia, mancanza di energia, irritabilità e disperazione.

Il caregiver si confronta quotidianamente con sentimenti verso il paziente correlati alle condotte comportamentali dello stesso. L’assistenza quotidiana e continuativa può mettere alla prova la pazienza del caregiver: egli può sperimentare sensi di colpa, collera, rabbia, frustrazione, imbarazzo e desiderio di fuga, ma nel contempo anche affetto, compassione, gioia nel sentirsi utili. La maggior parte dei caregiver sperimenta sensazioni, emozioni e sentimenti ambivalenti e non sempre è facile riuscire a dar voce ad emozioni così contrastanti. Inoltre, per cultura ed educazione, siamo poco inclini ad accettare di provare sentimenti spiacevoli e questi ci fanno soffrire.

Il caregiver spesso vive una condizione contraddittoria tra il desiderio di fornire cure ed il disagio che ciò comporta; rinuncia a dedicare tempo a se stesso, si sente legato dalle proprie responsabilità, preoccupato dallo stato di salute dell’assistito, ma a lungo andare può provare insofferenza a causa della difficoltà di sopportare una situazione sempre più gravosa per la quantità di tempo che richiede e per la stanchezza fisica accumulata.

Infine, come spesso accade nelle situazioni di difficoltà, è più facile vedere maggiormente le cose che non vanno e dove sarebbe possibile dare di più, invece di congratularsi con sé stessi per le cose che vanno bene e che invece si danno per scontate.

LE RELAZIONI SOCIALI

La malattia determina ripercussioni sull’intero nucleo familiare. Essa comporta un cambiamento o addirittura un’inversione dei reciproci ruoli all’interno dellafamiglia: chi si prende cura del malato avrà meno tempo per altre incombenze che, a loro volta, dovranno essere ridistribuite fra i restanti familiari. La persona malata vive la perdita del proprio ruolo e della propria identità, mentre i familiari devono far fronte a questa tensione e nel contempo assumere le nuove responsabilità.

Nel rapporto fra caregiver e persona malata, come si diceva, l’assistenza rischia di diventare a poco a poco “protagonista principale” della relazione e il rapporto tra moglie/marito o genitore/figlio può perdere le proprie caratteristiche; accettare questi cambiamenti è difficile e doloroso.

Anche l’organizzazione del tempo libero e delle ferie si trova a subire delle modificazioni.

Cambiano i ruoli, i compiti e le relazioni delle persone e diventa necessariotrovare nuovi equilibri.

Chi si prende cura di una persona non autosufficiente può sentirsi talmente stanco e teso da mettere in crisi i rapporti interpersonali: molto spesso le amicizie e le relazioni sociali soffrono pesantemente a causa del lavoro di cura. È comune, tra i caregiver, la sensazione che nessuno capisca quello che stanno passando. Molto spesso, quindi, i caregiver si sentono soli, in quanto si trovano costretti a ridurre e talvolta interrompere la loro rete di relazioni per far fronte alle nuove necessità che via via si presentano.

Infine, spesso, vi sono problemi anche in famiglia; può succedere che ci si trovi in disaccordo sul tipo di assistenza e sulla distribuzione dei compiti.

LA SFERA ECONOMICA

Nel caso in cui il caregiver sia ancora in una fase della vita lavorativa, sicuramentene risentirebbe. Molto spesso chi si prende cura della persona malata, se non ancora in pensione, è costretto a ridurre le ore di presenza al lavoro o, incasi estremi, a lasciare il lavoro stesso. Potrà quindi venire a mancare un’entrata

mensile su cui prima si poteva contare.

La gestione pratica della malattia comporta inoltre alcune spese aggiuntive, non solo per gli aspetti sanitari, quali medicine, ausili e visite specialistiche, ma anche per la ristrutturazione dell’ambiente domestico. In altri casi è l’intervento di una persona estranea al nucleo familiare (es. badante) a pesare sul bilancio familiare.

 

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